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La bambina con la bicicletta e la pace

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B’Tselem, Centro di informazione israeliano per i diritti umani nei Territori occupati, ha fatto circolare un video – ripreso dal quotidiano britannico Indipendent – che documenta in modo efficace la “normalità” verso la quale può spingere il delirio securitario dei soldati israeliani. E’ il frutto avvelenato non della paura ossessiva di essere oggetto di un attentato (la razionalità porrebbe in questo caso dei limiti) ma di quel senso di onnipotenza, dell’arroganza del più forte, della violenza sadica dei piccoli gesti quotidiani molto spesso capaci di alimentare l’odio come neanche l’ennesima strage di Palestinesi potrebbe

VIDEO: Israeli Soldiers Confiscate Eight-Year-Old Palestinian Girl's Bicycle

di Saverio Tommasi

Ho visto un video in cui un soldato israeliano strappa la bici a una bambina palestinese, e lei piange. Lui continua a tenere i piedi sopra la bici e costringe la bambina ad andare via. La bambina, ancora, piange.
Il soldato aspetta che la bambina se ne vada, correndo e piangendo, e poi getta la bici fra i cespugli.

Questo non c’entra niente con il bisogno di sicurezza di un popolo. Come il bisogno di sicurezza non c’entra niente con il costringere un altro popolo a vivere in un fazzoletto di terra, fermare le ambulanze con i nonni che stanno morendo ai posti di blocco, privarli dell’acqua, privarli della libertà, privarli dei campi da coltivare, chiuderli con un muro, privarli del riconoscimento di uno Stato.

Io sto con le biciclette, e con le bambine che le guidano, perché sono l’unica possibilità, per tutti, di arrivare alla pace.


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